Quando si vuole costruire una piscina nella propria abitazione sorge spontanea una domanda: a parte l’acquisto e l’installazione, quanto mi costa la tassa su una vasca interrata seminterrata? L’impatto fiscale di questo tipo di strutture è infatti un argomento complesso che va analizzato a fondo per comprendere meglio a cosa si va incontro e come la tassazione cambi a seconda della piscina scelta.

Per pianificare al meglio la costruzione di una vasca è bene essere a conoscenza anche dei dettagli giuridici. Valutare se acquistare una piscina fuori terra o interrata dipende anche quindi dagli aspetti legali coinvolti, perché conoscere legislazione e tassazione aiuta a compiere una scelta più consapevole, considerando le proprie esigenze e il budget a disposizione. Di fatto, la tassa sulla piscina esiste, ma non in tutti i casi e non sempre uguale. 

Si paga la tassa di lusso sulla piscina interrata?

Partiamo col dire che la presenza di una piscina di per sé non comporta il pagamento di alcuna tassa, perché questa non viene classificata automaticamente come bene di lusso. Quando si procede con la valutazione del costo di una piscina interrata oppure di una vasca fuori terra, ci si deve ricordare di includere nelle spese il pagamento delle spese amministrative e dei permessi da richiedere, tra cui la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Lavori) e, in alcuni casi specifici, del permesso a costruire (si veda, per esempio, la sentenza 13 giugno 2023, n. 5907, della sez. IV del Consiglio di Stato a proposito della necessità di un permesso per costruire per la realizzazione di piscine in zone vincolate). Le tasse di lusso, invece, subentrano solamente nel momento in cui si ha un cambiamento nella categoria catastale della casa, a cui la piscina può o meno contribuire.

In particolare, il pagamento delle tasse subentra quando un’abitazione rientra nella categoria delle abitazioni di lusso, e i criteri di tale classificazione sono esposti nel decreto del 2 Agosto 1969 del Ministero dei Lavori Pubblici. In particolare, nell’articolo 4 di tale decreto, si specifica che le abitazioni dotate di piscina di almeno 80 mq di superficie sono da considerarsi signorili e implicano dunque il pagamento di una tassa di lusso per la presenza della piscina stessa. Le misure della piscina per non pagare tasse devono quindi essere inferiori a quelle appena citate, e viste le dimensioni di cui si parla, non è poi così difficile.

Anche una piscina di superficie minore, può tuttavia essere installata in un’abitazione signorile e far scattare le tasse di lusso. In questi casi, la piscina non costituisce l’elemento responsabile del subentro della tassazione di lusso, che però viene associata all’abitazione stessa. Per definire la propria piscina interrata come bene di lusso, dunque, non si deve guardare alla qualità estetica dell’infrastruttura, ma a vincoli ben precisi e definiti.

È necessario poi fare una distinzione per le vasche fuori terra. Una piscina gonfiabile o con struttura solida, ma poggiata al suolo, non è legata ad alcun vincolo paesaggistico e si è liberi di acquistarla e installarla nel proprio giardino o sul terrazzo senza preoccuparsi di tasse o cambi catastali. 

Oltre alla presenza di una piscina di oltre 80 mq (caso piuttosto raro, visto che la maggior parte delle piscine interrate sul mercato arrivano a massimo 72 mq) e all’appartenenza alle categorie definite dal decreto sopra esposto, esistono anche delle casistiche che, combinate, possono cambiare la destinazione a catasto. Secondo la legge, infatti, un’abitazione con almeno quattro requisiti dei seguenti diventa signorile, quindi con tassazione di lusso:

  • superficie utile calpestabile superiore a 160 mq, esclusi i terrazzi, i balconi, le scala, il posto auto, la cantina e la soffitta;
  • superficie delle zone sopra escluse, come balconi e terrazzi, superiore ai 65 mq;
  • ascensore e montacarichi in un immobile con meno di 4 piani. Se meno di 7, si fa riferimento alla presenza di un ascensore per ogni scala;
  • scale di servizio non previste dalla legge;
  • una piscina in muratura, che sia coperta o scoperta, e che sia a servizio di un immobile costituito da meno di 15 unità singole;
  • pavimenti, soffitto, pareti, porta di ingresso o scale rivestiti da materiale pregiato e infissi con caratteristiche particolari;
  • campo da tennis di dimensione maggiore di 650 mq per meno di 15 unità immobiliari.

Inoltre, la tassazione dell’IVA sulle piscine in Italia varia in base a diversi fattori, principalmente relativi al tipo di abitazione e ai requisiti legati alla definizione di prima casa e al lusso dell’immobile. Non solo è raro che le piscine di dimensioni “normali” rientrino nella tassazione di lusso, ma in alcuni casi è addirittura possibile accedere a delle agevolazioni fiscali in fase di costruzione. 

Infatti, nel caso di un’abitazione non di lusso considerata “prima casa”, la piscina sarà soggetta a un’aliquota IVA agevolata del 4%, se la sua realizzazione avviene contemporaneamente alla costruzione dell’abitazione stessa. Invece, se l’abitazione non rientra nei requisiti per essere considerata prima casa o se la piscina viene costruita in un secondo momento, l’IVA applicata sulla piscina sarà del 10%. Infine, nel caso di abitazioni di lusso, come quelle classificate nelle categorie catastali A/1, A/8 o A/9, l’IVA applicata sarà del 22%. Pertanto, la tassazione sulle piscine è strettamente legata alla tipologia di immobile e ai criteri che ne determinano la classificazione fiscale.

Infine, in alcuni casi si può accedere a delle agevolazioni in fase di ristrutturazione della piscina. Grazie al cosiddetto “bonus piscina”, infatti, è possibile ottenere una detrazione fiscale del 50% per spese di ristrutturazione delle piscine fino a €96.000.

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Catasto e piscina privata: come regolarsi

Come accennato, l’elemento in grado di far scattare la tassa su una piscina privata è la categoria catastale di appartenenza. Conoscere tale concetto giuridico semplifica anche la comprensione del decreto e dei limiti sopra esposti.

Con il termine categoria catastale si fa riferimento alla destinazione d’uso di un qualsiasi immobile inserito all’interno del perimetro cittadino. Questa viene indicata con una lettera dell’alfabeto seguita da un numero. Per gli immobili a destinazione ordinaria si distinguono:

  • A/1: abitazioni di tipo signorile;
  • A/2: abitazioni di tipo civile;
  • A/3: abitazioni di tipo economico;
  • A/4: abitazioni di tipo popolare;
  • A/5: abitazioni di tipo ultrapopolare;
  • A/6: abitazioni di tipo rurale;
  • A/7: abitazioni in villini;
  • A/8: abitazioni in ville;
  • A/9: castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici;
  • A/10: uffici e studi privati;
  • A/11: abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi.

Le abitazioni di fascia media, generalmente, sono comprese tra la categoria A/2 e la A/9.  Si tratta di immobili assimilabili alla prima casa e per questo associati ad agevolazioni. La presenza di una piscina, come abbiamo visto, può generare uno scatto di categoria, arrivando alla A/1, cioè alle abitazioni di tipo signorile e generando un aumento delle tasse relative al patrimonio immobiliare.

In particolare, con tale cambiamento di fascia catastale si diventa soggetti all’IMU (Imposta Municipale Unica) e alla TASI (tassa sui Servizi Indivisibili). In tale contesto, però, è bene ricordare che non è la costruzione della piscina in sé a far diventare una casa di tipo signorile, ma tale evidenza si deve aggiungere al superamento dei limiti sopra spiegati.

In ogni caso una piscina va sempre accatastata, influenzando la rendita catastale della casa e incidendo sulle spese. La classe corretta nella quale inserire la propria piscina è la C/4, si tratta dei fabbricati e locali per esercizi sportivi senza fini di lucro. Quando, come nei casi presi in considerazione, la piscina privata non si trova all'interno di una struttura più ampia come un centro sportivo, ma è privata, allora contribuisce ad alzare anche la classe dell’immobile principale. L’aumento, seppur contenuto, è definito dai singoli regolamenti comunali.

Piscina senza tassa di lusso: si può fare!

In generale, dunque, le piscine per uso privato non prevedono il pagamento di tasse. Questo avviene perché difficilmente si raggiungono gli standard di grandezza di 80 mq, per i quali poi subentra la tassa.

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